Irene

La felice storia di una bambina strega

Non avevamo molto ma eravamo felici

Mi chiamo Irene, sono originaria di un quartiere poverissimo della città di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Sono l’ultima di otto figli, nata e cresciuta in un’umile casa senza pavimenti e finestre, senza luce ed acqua corrente. Non sembra certo la casa dei sogni ma eravamo una famiglia felice e anche una delle più fortunate del quartiere; la nostra era una casa in mattoni e non fatta di legno e fango o lamiera come quella dei vicini.
Avevo poco più di 3 anni quando mio padre si ammalò. Sono stati anni molto duri per la mia famiglia!
Nonostante la mia mamma lavorasse vendendo farina, il cibo scarseggiava sempre più e i miei fratelli furono costretti a partire in cerca di fortuna.

Un paese sempre in guerra

La situazione in Congo non era delle migliori. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dal Belgio scoppiò una guerra civile “la Prima Guerra Mondiale Africana”.
Erano anni terribili.
Intanto anche io mi ammalai, di una forma molto grave di malaria. Ed è proprio a causa della mia malattia che tutti nel quartiere iniziarono a dire che ero una bambina strega.
Dovevano trovare una causa a tanta povertà e miseria.
In questi casi le famiglie benestanti portavano i bambini dal capo di una setta che attraverso torture fisiche ti liberava dal male. Mentre le famiglie povere come la mia, non potendo pagare, abbandonavano i figli.

2011 - Irene e don Matteo il giorno della sua laurea presso l'Università di Firenze

Un incontro che mi ha cambiato la vita

Proprio in quegli anni Don Matteo faceva il suo primo viaggio a Kinshasa.
Incontrarlo mi ha cambiato la vita!
Sono arrivata in Italia nel dicembre del 1996, avevo nove anni. Immediatamente iniziai la scuola. Mi sono diplomata nel 2011 e subito dopo ho iniziato gli studi universitari a Firenze.
Oggi vivo a Bruxelles, dove mi sono trasferita per iniziare il mio lavoro al Parlamento Europeo.
Sono tornata in Congo come volontaria. È stato bellissimo poter rivedere il mio paese non più con gli occhi di una bambina sola e impaurita ma con gli occhi di una donna adulta, matura, cresciuta circondata dall’amore e dall’affetto della propria famiglia.

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